Montereggio, un borgo murato

 

Chi arriva a Montereggio si rende subito conto di trovarsi all’interno di un borgo fortificato dove sono ancora leggibili, nonostante l’ingiuria del tempo e le modificazioni operate dall’uomo, i resti di un complesso sistema difensivo.

 

L’architetto Stefano Milano, autore di studi e ricerche sui borghi murati della Lunigiana scrive:

“Il borgo di Montereggio, posto all’incontro dei percorsi che dalla medio-alta vallata del Magra, attraverso il Vallico dei Casoni, raggiungevano, a partire dall’alto medioevo, la Val di Vara e quindi gli approdi della costa ligure. In forza a tale posizione strategica ebbe una struttura fortificata, con mura, porte e torri, presumibilmente  a partire dal XII-XIII secolo”.

 

Del complesso originario delle fortificazioni, restano ancora importanti testimonianze come le feritoie nella zona absidale e, lungo la parete orientale  dell’antica chiesa di Sant’Apollinare, le due torri semicircolari nel lato orientale del castello e l’interessante torre posta a difesa dell’unica porta interna al paese superstite, con bare a gradoni in parte coperta dalla pavimentazione della piazza San Francesco Fogola.

 

Degni di attenzione, perché evidenziano la complessa struttura di Montereggio, sono i camminamenti difensivi, in parte ancora visibili, sotterranei ai lati delle cortine murarie, con feritoie e porte.

 

Di particolare interesse il destino delle tre porte che davano accesso al borgo nei settori nord, nord ovest e nord est. Portali demoliti tra l’ultimo decennio del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo, le cui parti componenti furono lasciate sul terreno in totale abbandono.

 

Le parti componenti la porta del settore nord, furono messe, al sicuro dall’attuale presidente della Pro Loco Tiziano Fogola, per evitare trafugamenti e usi impropri. Ma, sono state travolte e disperse dall’impeto delle acque durante l’alluvione del novembre 2011 che ha colpito il paese. Parte della centina e di pilastri laterali, sono stati ritrovati lungo il letto del torrente, vedi fig. (link rassegna stampa)

 

Le parti componenti la porta del settore nord ovest, furono trafugate: più di una testimonianza ci porta alla Chiesa di San Sebastiano di Villagrossa, comune di Calice al Cornoviglio. In effetti, osservando il grande portale, non solo vi è una palese sproporzione tra la grande dimensione di quest’ultimo e la struttura della piccola chiesa, ma la costruzione in sasso è palesemente posteriore al 1600, data del portale. Nei ricordi dei vecchi abitanti di Montereggio, ormai scomparsi, riaffiorava alla memoria come questo portale venisse infiorato nelle occasioni della processione di San Francesco Fogola.

 


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a facciata della Chiesa di San Sebastiano di Villagrossa con il portale  ricomposto.

 

Discorso a parte va fatto per la porta del settore nord orientale. Qui l’ingresso fortificato posto al termine dell’antica strada che collegava, attraverso l’importante nodo della Madonna del Monte, Monetereggio a Pozzo e Mulazzo.

L’esatta collocazione del portale non è sicura in quanto una serie d’interventi di ricostruzione protrattisi dalla fine di XIX secolo fino agli ultimi anni ’70, conseguenti il disastroso evento sismico del 1920, hanno definitivamente cancellato i baluardi difensivi che affiancavano la porta.

 

Così, partendo dal presupposto che la scelta di qualunque sito dove ricollocare il portale sarebbe stata del tutto arbitraria e priva di qualunque certo fondamento storico-urbanistico, il rappresentante delle Belle Arti, in concerto con il presidente della Proloco Fabrizio Fogola con Sergio Maucci e la ditta operante, scelsero progettualmente di evidenziare che, a partire dal ‘500, in quel settore del borgo, esisteva una porta, fortunatamente rinvenuta integra, ancorché smembrata nelle sue varie componenti. Il portale fu rimontato, in senso inverso, a chiudere compiutamente Piazza Arnoldi, quale forte segnale di riferimento urbano e quale deliberata icona di una memoria storica da protrarre nel tempo.
 

Un’analisi chimica dei ritti di questo portale, effettuata dal geologo Gianfranco Di Battistini, ha portato alla luce sia la presenza di residui di carbone vegetale, sia il fatto che a Montereggio esisteva, sin dal XVI secolo, una cava di arenaria, posta sulla riva sinistra del torrente Fontanella utilizzata per la costruzione edilizia del paese.